Onorevoli Colleghi! - Ogni questione riguardante le isole minori italiane (e anche greche, dell'ex Jugoslavia o turche) si lega alla generale situazione del mare Mediterraneo, teatro millenario di lotte, commerci, cultura; bacino di incontro (crogiolo molto più che frontiera) dei tre continenti più antichi e, fino ad un certo momento della nostra storia, baricentro indiscusso degli eventi umani. La sua apparente decadenza come via d'acqua non gli ha impedito di mantenere, in senso politico e strategico, un ruolo di protagonista.
      Anche recentemente l'area mediterranea ha rappresentato un luogo di conflitti e di guerre, una zona assai instabile e troppo ristretta per le enormi tensioni politiche, economiche e militari che la pervadono. La difficile situazione dei Balcani con i suoi nazionalismi esasperati, le prospettive non risolte della pace in Medio Oriente fanno persistere elementi di incertezza e di pericolosità che se fossero fugati potrebbero incamminare l'intera area verso un futuro di pace. Il Mediterraneo e i suoi Paesi rivieraschi potrebbero diventare una delle aree forti del mondo, fonte di floride relazioni commerciali e di un prosperoso sviluppo economico. Più in generale sta crescendo l'interesse verso il mare, che non è più solo visto, come nel passato, come una minaccia di invasioni, cataclismi e sciagure, ma piuttosto come una delle nuove frontiere degli anni 2000,

 

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allo stesso modo degli impenetrabili spazi siderali.
      Il mare è il vero spazio da conquistare nei prossimi decenni, come nuova fonte per l'uomo, sia di sostanze alimentari e materie prime, sia di conoscenze scientifiche.
      Il recupero qualitativo delle isole ad una nuova potenzialità produttiva, economica e culturale ha il significato di estendere il territorio dalla terra al mare attraverso quei capisaldi (le isole, appunto) che sono o potranno essere, sul mare, l'equivalente delle comunità (dalla città all'oasi, alla fattoria isolata) che punteggiano la superficie del continente, poli di riferimento, accumulo e distribuzione del lavoro umano.
      La proposta di legge che verrà illustrata intende porsi come passo preparatorio di più ampi sviluppi, nell'ambito di un'azione di recupero del mare ad un rapporto vitale con l'uomo e, prima di tutto, con quelle comunità umane geograficamente e storicamente destinate a vivere, con il mare, in più stretto ed immediato contatto.
      Non va dimenticata l'attenzione che gli Stati e la stessa Unione europea hanno da sempre dedicato al problema delle isole. A partire dalla dichiarazione delle Barbados del maggio 1994 e, a seguire, con il Trattato di Amsterdam dell'ottobre 1999, emerge con chiarezza il principio che i territori insulari, specie quelli di ridotte dimensioni, devono essere oggetto di un'attenzione particolare mediante l'adozione di provvedimenti specifici, per eliminare o quantomeno ridurre gli svantaggi strutturali che ostacolano lo sviluppo di tali territori.
      Viene, altresì, riconosciuto che le isole minori hanno particolari problemi sul piano della protezione ambientale, in considerazione della fragilità del loro ecosistema e delle diversità biologiche che le caratterizzano.
      A questo proposito è significativo che le isole minori italiane e del Mediterraneo siano, in larga parte, parchi o riserve marine, contribuendo - secondo il protocollo di Barcellona del giugno 1995 in tema di aree specialmente protette del Mediterraneo - alla protezione dell'ambiente nell'intera regione mediterranea.
      Questo elemento dovrebbe spingere l'Unione europea a non limitarsi a dichiarare la propria attenzione ai problemi delle isole, ma ad attivare specifiche politiche di intervento per le isole e, in particolare, per i problemi delle isole minori, che sono particolarmente urgenti e che sono anche più facilmente risolvibili, almeno per gli aspetti essenziali.

Le isole minori.

      Pochissime grandi isole (arcipelago giapponese, Gran Bretagna) hanno un autonomo valore di forte impronta nazionale. Altre isole, come la Sicilia e la Sardegna, ad esempio, pur grandi come estensione e valori culturali, hanno mantenuto una prevalente posizione di dipendenza dai poteri politici continentali. Per la grande moltitudine delle isole minori il ruolo di dipendenza appare accentuato e spesso esasperato fino alla totale emarginazione.
      Per le isole minori italiane i gravi problemi del presente sono senza dubbio una conseguenza storicamente logica del passato, ma non logicamente inevitabile.
      Le isole erano le stazioni di posta del mare, punti indispensabili per la sosta ed il riposo, per gli scambi di merci, idee, cultura, per il rifornimento. Ponza non riceveva acqua dal continente, ma ne forniva alle navi romane in transito; aveva vegetazione, piovosità e acquedotti ora presenti soltanto nella memoria storica. Le isole erano anche le sentinelle del mare contro i corsari e le flotte nemiche. Erano luoghi adatti alla colonizzazione e alla produzione di beni. Restando all'esempio di Ponza, i Borboni ne incoraggiarono la colonizzazione con mirabili opere, per farne non solo una comunità autonoma attraverso l'agricoltura specializzata e la pesca, ma anche un centro produttivo per il continente.
      Allo stato attuale, per certi aspetti relativi alle possibilità del nostro tempo, la vitalità produttiva e culturale delle isole

 

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minori italiane ha subìto un rallentamento o un minore progresso.
      Non va dimenticato che esse appartengono per la maggior parte all'area meridionale dell'Italia, e del meridione ripresentano, aggravati, tutti i problemi ed i ritardi. L'agricoltura vi esiste in forme minime e spesso primordiali. L'industria non vi è quasi mai arrivata. La pesca langue ovunque. Resta il turismo che per le isole, specie nell'ultimo quindicennio, sembra l'ultima e unica speranza. Ma il turismo non basta a colmare il vuoto economico lasciato dalle altre attività e, insieme ad una ricchezza male distribuita, porta gravi danni ove le sue iniziative non vengano controllate.
      Proprio il turismo ha portato in primo piano l'emergenza poiché, provocando una fluttuazione demografica stagionale in proporzione spesso da 1 a 10, ha aggravato enormemente ogni problema di approvvigionamento idrico ed energetico.
      Acqua ed energia sono dunque, per le isole minori, proporzionalmente alla loro disponibilità, i coefficienti moltiplicatori di qualsiasi tipo di sviluppo.
      Si escludono da questo sommario discorso sulle isole minori:

          a) tutti quei tratti di terra emersa che non superano le caratteristiche e le dimensioni dello scoglio inabitabile;

          b) tutte le isole disabitate che conviene restino tali;

          c) tutte le isole prossime al continente e comunque già collegate alle reti idriche ed elettriche nazionali.

      Le isole minori oggetto della proposta di legge (si veda l'allegato A annesso alla medesima) sono quelle di notevole importanza dimensionale e demografica (ad esempio Ponza, Lipari, Favignana, Lampedusa, Pantelleria, per non parlare di Capri, di Ischia, del Giglio, dell'Elba, eccetera, che hanno una configurazione diversa) sul Tirreno, e le Tremiti sull'Adriatico, piccole e quasi disabitate.
      Esse hanno tutte in comune la completa dipendenza dal continente per quanto riguarda, tra l'altro, l'approvvigionamento idrico ed energetico. Ritorniamo così al concetto di dipendenza già precedentemente introdotto come considerazione generale. Lo ritroviamo in quel caso estremo che investe le necessità primarie: acqua ed energia. Siamo cioè in presenza del grado massimo e conseguentemente della più bassa qualità di dipendenza, tanto che tutte le altre dipendenze (politica, amministrativa, economica, culturale) ne risultano condizionate in senso irrimediabilmente negativo.
      La mancanza di acqua e di energia, quando viene provocata da calamità naturali o indotte (terremoti, inondazioni, eventi bellici), costituisce una emergenza temporanea.
      Le isole di cui parliamo sono casi di emergenza permanente.
      Allo Stato, inefficiente o solerte che sia, si pongono comunemente due alternative.
      Una (quella praticata al presente) si riassume in un complesso di provvedimenti fondamentalmente assistenziali, che tendono ad aggravare gli squilibri già descritti. L'acqua viene portata periodicamente per mezzo di navi cisterna, con spese enormi, dissipazioni di energie, disagevolità economiche, e con costi crescenti per i cittadini. Il problema energetico provoca il sorgere discontinuo, mal programmato, sotto o sopradimensionato secondo alterne fortune, di costose centrali termoelettriche. Oppure, magari quando interessi di svariate qualità e validità vengono a coagularsi intorno a qualche luogo fortunato, nascono progetti di allaccio al continente con condotte e cavi sottomarini e costi da capogiro.
      L'altra alternativa è un cambiamento totale di indirizzi e direttive. Ciò richiede fantasia e l'abbandono di molte consuetudini mentali ed operative.
      Si tratta di mettere in campo tecnologie appropriate che assicurino il recupero di tecniche edilizie fortemente legate alle risorse locali, la produzione di energia da fonti rinnovabili (eolico, solare, geotermico, eccetera), lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani in forme innovative.

 

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      Le attrezzature prevedibili come necessarie possono comprendere dissalatori, generatori di energia elettrica, depuratori, potabilizzatori, inceneritori di rifiuti.
      Le attrezzature dovranno inserirsi armonicamente nel territorio dell'isola. L'eventuale posa su natanti può introdurre un elemento nuovo nel paesaggio marino e quindi sarà fondamentale la cura che dovrà porsi, nel disegno progettuale, al risultato estetico finale.
      Particolare attenzione e cura devono essere poste alla questione degli approdi, che devono essere resi sicuri e adeguatamente attrezzati. Le isole potranno, inoltre, rappresentare un sistema attrezzato di ricerca permanente sulla fauna e sulla flora marine, sui pericoli dell'inquinamento, sulle possibilità di sfruttamento a fini alimentari, estrattivi o semplicemente scientifici. In questo pensare alle isole come future sedi di università del mare o presìdi ecologici o grandi fazenda marine ci si avvia verso la mitologia futuribile nominata in premessa, di imprevedibili ed entusiasmanti risultati.
      Come dal punto di vista economico e sociale la vita isolana richiede di utilizzare determinate tecnologie o particolari accorgimenti, così è necessario dare un pieno riconoscimento alla «particolarità» e alla «vulnerabilità» delle isole nel sistema giuridico del nostro Paese, dotando la nostra legislazione degli strumenti di base necessari.
      Gli obiettivi da perseguire sono ormai chiari e unanimemente riconosciuti.
      La presente proposta di legge è frutto della collaborazione con il Comitato di parlamentari per l'innovazione tecnologica e lo sviluppo sostenibile (COPIT) e vuole dare una prima prospettiva alla doverosa iniziativa dello Stato. L'intento è quello di indurre il Governo centrale, in pieno accordo con le regioni interessate e con la partecipazione consapevole delle popolazioni locali, a riconsiderare le modalità dell'intervento pubblico finora attuate, a qualificare la spesa statale finalizzandola alla innovazione tecnologica, a mutare l'approccio ai problemi delle isole instaurando un dialogo con queste realtà. È giocoforza perciò istituire un centro di promozione, di direzione, di coordinamento di questo complesso sforzo, che - in considerazione dell'emergente profilo di permanente straordinarietà della condizione delle isole - si è ritenuto opportuno individuare nella Presidenza del Consiglio dei ministri.
      Ciò premesso, la proposta di legge mira a delineare gli strumenti primari, essenziali a produrre la svolta necessaria per affrontare in termini nuovi le problematiche delle isole minori.
      Con la presente proposta di legge si intendono porre le premesse per l'avvio di una legislazione ad hoc.
      L'articolo 1 definisce la finalità della legge all'interno del quadro istituzionale e dell'esercizio delle competenze, così come delineato nel novellato titolo V della parte seconda della Costituzione, in modo da dare ai problemi delle isole minori soluzioni coordinate e non episodiche.
      Con l'articolo 2 vengono indicati gli obiettivi di valorizzazione e sviluppo con l'individuazione non solo dei settori oggetto di intervento, ma anche di alcuni strumenti per risolvere i relativi problemi.
      Con gli articoli 3 e 4 è istituito il Comitato istituzionale delle isole minori italiane quale organo paritetico operativo e consultivo per il Governo e per il Parlamento nelle materie oggetto della legge.
      Al Comitato sono anche demandati i compiti di indirizzo, di elaborazione e di proposta circa i programmi di sviluppo sostenibile della regione mediterranea, con riguardo particolare alle isole minori dell'intero bacino mediterraneo.
      L'articolo 5 prevede l'istituzione di un Fondo unico pluriennale, in modo dare continuità programmatoria e di attuazione agli interventi individuati all'interno di un Documento unico di programmazione.
      L'articolo 6 individua - tra gli strumenti per la concertazione - quello dell'accordo quadro per lo sviluppo locale, effettuando la scelta di non cambiare un percorso già iniziato dal 1999 e che ha dimostrato la sua validità come momento di codecisione e di concertazione di politiche,
 

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di individuazione di interventi e di attuazione di progetti.
      Con le procedure definite nell'accordo ancora in essere, infatti, i finanziamenti iniziali, assegnati con delibera del CIPE, sono stati impegnati e spesi nell'arco temporale di circa quattro anni (salvo qualche eccezione).
      L'articolo 7 riguarda l'istituzione decentrata in ciascuna delle isole minori di un presidio di protezione civile ai sensi dei decreti legislativi n. 334 del 1999 e n. 238 del 2005, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, del decreto-legge n. 343 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 401 del 2001, e del decreto-legge n. 90 del 2005, convertito, con modificazioni, della legge n. 152 del 2005.
      L'articolo 8 delinea un rapporto diverso con gli istituti universitari e scientifici, a cui si chiede di dedicare particolare attenzione ai temi e ai problemi delle piccole isole. La parte più significativa è rappresentata dal nuovo ruolo che si chiede di svolgere alle banche e agli istituti di credito. Si ritiene che debbano essere più collegati con il territorio e più coinvolti nelle scelte progettuali idonee allo sviluppo dell'area in cui interagiscono e che essi stessi assumano il ruolo non di meri valutatori di progetti, ma di attori di quello sviluppo che contribuiscono a creare. Un orientamento di questo genere sembra maturare anche nello stesso mondo bancario, come emerge da recenti riflessioni sul tema.
      L'articolo 9 riguarda i rapporti con le isole minori del Mediterraneo, prevedendo di intensificare lo scambio culturale e il trasferimento delle esperienze delle comunità isolane mediante l'istituzione di un Comitato parlamentare italiano per l'organizzazione di periodiche conferenze degli enti locali delle isole minori del bacino del Mediterraneo.
 

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